siepi di un'unica specie in un giardino privato |
Ritengo che la lista sia fuorviante e che gli obiettivi perseguiti siano di dubbia efficacia. L'iniziativa si configura più come un finanziamento a pioggia piuttosto che un intervento mirato a ottenere gli obiettivi dichiarati.
Queste in sintesi le ragioni delle mie perplessità:
- mancano dei criteri ragionati di impianto e di scelta delle specie (seppur dichiarate autoctone). Sarebbe stato il caso di dare qualche indicazione sulla messa a dimora delle piante;
- alcune specie pur essendo nell’areale compatibile presentano dei problemi di impianto nel contesto ambientale di Treviso;
- dubbia è anche la selezione di alcune specie che presentano non pochi problemi di gestione. Il bosso (Buxus sempervirens), ad esempio, è a grande rischio di parassiti (piralide) che lo conducono a grave deperimento;
- il bando non limita e non regola situazioni di dubbia efficacia. È possibile, infatti, richiedere il finanziamento anche qualora si volesse impiantare una singola specie (ad esempio una siepe composta solo da un tipo di arbusto);
- difficoltà sorgono anche quando si considera l’effettiva efficacia di un provvedimento volto ad abbassare la concentrazione di CO2 nell’aria. L'eventuale messa a dimora di qualche pianta in giardini privati non si configura minimamente come un'azione, per densità e capacità di fissazione, all'altezza di incidere in modo misurabile;
- fasce tampone, siepi campestri, boschetti urbani hanno una efficacia sicuramente maggiore di un giardino privato per perseguire lo scopo del bando, la riduzione dell’anidride carbonica mediante “fissazione” nelle piante;
- il suolo libero non impermeabilizzato è di per sé già una risorsa importante per l'immagazzinamento del carbonio;
- dal punto di vista naturalistico, ammesso che si possa applicare tale concetto a giardini privati la cui estensione può essere minima, sarebbe stato possibile uno sforzo in più puntando a migliorare la naturalità e biodiversità urbane. Per esempio prevedendo che, nel caso di arbusti e siepi, il finanziamento fosse erogabile per piantumazioni miste con attenzione alla compatibilità e integrazione reciproche per evitare l'instaurarsi di meccanismi di competizione;
- per quanto riguarda gli alberi, inoltre, sarebbe stato necessario avvisare delle possibili altezze che questi raggiungono (un tasso - Taxus baccata può arrivare a 25 metri e più di altezza come tanti altri alberi della lista). Non sono rari i casi in cui si piantano alberi quando sono ancora piccoli salvo poi pentirsene nel giro di qualche anno;
- un'ulteriore opportuna cautela sarebbe quella di avvisare che nelle nostre zone il leccio (Quercus ilex) è mediamente sofferente e malaticcio se piantato laddove la falda sotterranea è molto vicina al piano di campagna, come pure la roverella (Quercus pubescens) o il castagno (Castanea sativa), quest'ultimo molto più pertinente alla mezza montagna.
Certamente tali indicazioni dovrebbero e potrebbero essere fornite dai vivaisti con i quali viene stipulata la convenzione ma rendere esplicita questa esigenza sarebbe stata una buona idea.
Da segnalare, infine, che l'inserimento in tabella della specie oxycarpa del Frassino (a parte la dubbia collocazione tassonomica) ha fatto scorrere le righe della seconda colonna con il risultato che, dal Frassino in giù, i nomi comuni non corrispondono al nome scientifico.
Sarà sicuramente mia cura suggerire all'amministrazione comunale di Treviso di tenere conto di quanto detto sopra... e chissà, magari, di rimediare!
(articolo scritto con l'aiuto di alcuni collaboratori)
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